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La Birra nel Cinema: Storie Fermentate sul Grande Schermo

Una lattina che si apre. Un sorso lento, silenzioso. Un brindisi improvvisato tra sconosciuti o amici di lunga data. Nel cinema, la birra non è mai solo una bevanda. È un gesto carico di significati, uno strumento narrativo che accompagna momenti di intimità, disfatta, euforia o redenzione. Attraverso poche etichette ma molte scene, la birra diventa un personaggio silenzioso: osserva, partecipa, racconta.


In questo articolo esploreremo il ruolo della birra nel cinema concentrandoci su tre film molto diversi tra loro: Gran Torino di Clint Eastwood, Superbad di Greg Mottola e The World's End di Edgar Wright. Tre titoli, tre modi radicalmente differenti di usare una pinta per raccontare una storia.


Gran Torino (2008): La Solitudine in Bottiglia

In Gran Torino, Clint Eastwood interpreta Walt Kowalski, un veterano della guerra di Corea vedovo, scontroso e profondamente solo. La birra che beve – una Pabst Blue Ribbon, simbolo della working class americana – è parte della sua armatura quotidiana. Non è un piacere, è un’abitudine. Non è condivisione, ma isolamento.


Eastwood dirige e interpreta con essenzialità: in più di una scena, Walt è seduto sul portico, lattina alla mano, mentre osserva il quartiere cambiare. La birra è il compagno silenzioso di una generazione che non ha mai imparato a parlare dei propri traumi. Ogni sorso è una sospensione tra il passato e un presente che non riconosce più.


Ma la birra ha anche un ruolo relazionale. Quando Walt comincia ad aprirsi con il giovane Thao, i due condividono una birra nel garage. È il primo gesto di accettazione. In quel momento, la birra smette di essere barriera e diventa ponte: tra etnie, tra generazioni, tra solitudini.


Superbad (2007): Fermenti Adolescenziali

Superbad è una commedia scatenata e volgare, ma nasconde una tenerezza rara nei racconti adolescenziali. Qui la birra non è il simbolo della maturità, ma la sua caricatura. Seth e Evan, interpretati da Jonah Hill e Michael Cera, passano il film cercando disperatamente di procurarsi alcol per impressionare le ragazze alla "festa della vita".


La birra diventa il MacGuffin dell’intera narrazione: non è mai davvero importante di per sé, ma è ciò che muove tutto. Serve per sentirsi adulti, per fare colpo, per appartenere. Ma ogni tentativo si traduce in fallimento, goffaggine, umiliazione – e, proprio in questo, risiede la forza del film.


In Superbad, la birra rappresenta l’illusione dell’età adulta. È il premio che i protagonisti credono di volere, ma che, una volta ottenuto, si rivela secondario. Perché il vero cuore del film è l’amicizia tra Seth ed Evan, che si manifesta pienamente non durante la festa, ma nel silenzio del mattino dopo, sdraiati uno accanto all’altro, sobri, vulnerabili.


The World's End (2013): Una Ronda alcolica per evitare la fine del mondo

Il film di Edgar Wright, terzo capitolo della cosiddetta Cornetto Trilogy, è un'esplosione di generi: commedia, fantascienza, buddy movie, film d'azione. Al centro della trama, però, c’è un uomo – Gary King, interpretato da Simon Pegg – e la sua ossessione per il passato. Per riviverlo, convince i suoi amici di gioventù a completare un epico pub crawl mai portato a termine: dodici pub, dodici pinte.


La birra qui è feticcio nostalgico, rifugio, ma anche trappola. Gary beve per non crescere, per non affrontare la realtà. I suoi amici, inizialmente riluttanti, vengono trascinati in questo tour alcolico che presto assume contorni surreali: scoprono che gli abitanti della loro città sono stati sostituiti da androidi alieni.


In The World’s End, la birra è usata per sovvertire le aspettative. Ogni pinta è una tappa della discesa, sia letterale che esistenziale. Ma è anche uno specchio deformante che mostra quanto siamo disposti a ubriacarci di passato per non guardare in faccia il futuro. Solo quando smettono di bere, i personaggi cominciano a vedere le cose con chiarezza.


Una Birra al Femminile: Gesti Normali, Nuove Narrazioni

Per decenni, la birra nel cinema è stata associata quasi esclusivamente a un immaginario maschile: virile, rude, spartano. Era la bevanda degli uomini duri, degli operai silenziosi, dei soldati stanchi, dei padri assenti. Raramente vedevamo una donna con una birra in mano – e se lo faceva, spesso era per imitare un certo tipo di mascolinità, per sembrare forte, “diversa”, trasgressiva.


Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato. Alcuni film – spesso scritti, diretti o interpretati da donne – hanno cominciato a mostrare la birra come parte normale, non stereotipata, della vita femminile. In questo contesto si inserisce Frances Ha (2012), il gioiello in bianco e nero diretto da Noah Baumbach e interpretato da Greta Gerwig.

Frances è una giovane aspirante ballerina di New York, piena di entusiasmo, contraddizioni e paure. Vive in appartamenti condivisi, cambia spesso casa e amici, inciampa nei rapporti, rincorre sogni sbiaditi. In una delle scene più emblematiche, la vediamo bere una birra in una cucina qualunque, chiacchierando con semplicità, in modo autentico. È una scena minuscola, ma potente. Non c’è ostentazione, non c’è tensione narrativa: c’è solo la vita, quella vera.


La birra, in questo film, è un’estensione della spontaneità di Frances. Non è un gesto caricato di simboli sociali, ma una scelta personale, quasi invisibile. E proprio per questo, rivoluzionaria. Vedere una donna bere birra in modo naturale, senza che questo diventi un "atto narrativo", segna una svolta. Umanizza, normalizza, racconta. È un piccolo dettaglio che scardina anni di cliché, riportando l’alcol – e i suoi significati – nel quotidiano condiviso, libero dalle dinamiche di genere.


E Frances Ha non è un caso isolato. Anche altri film indie, da Lady Bird a Booksmart, mostrano giovani donne che bevono birra tra amiche, senza la pressione di apparire sexy o ribelli. È un gesto semplice, che parla di confidenza, di relax, di appartenenza.


La birra non è più un feticcio virile da maneggiare con cautela, ma un oggetto comune che entra nella narrazione femminile con la stessa dignità con cui è sempre appartenuto a quella maschile.


In questo senso, la birra diventa simbolo di un’evoluzione sottile ma profonda del linguaggio cinematografico: meno performativo, più autentico. E forse anche più giusto.


In questi film, la birra cambia volto. È compagna silenziosa della malinconia (Gran Torino), feticcio adolescenziale della libertà (Superbad), strumento di fuga dalla realtà (The World’s End) e gesto di normalità e identità (Frances Ha). Ma in tutti i casi, la birra racconta qualcosa che va oltre la schiuma: parla di identità, passaggi di fase, tentativi (riusciti o falliti) di connessione umana.


Non è un caso che la birra venga scelta più del vino o di altri alcolici. È democratica, accessibile, quotidiana. Non ha bisogno di decanter o rituali: si apre, si beve, si condivide. Come le emozioni più vere nei film.


Ecco dove puoi trovare i film citati:


  • Gran Torino – Disponibile su Netflix e Prime Video (a noleggio/acquisto)

  • Superbad – Su Netflix e Now TV; disponibile anche su Apple TV e Google Play Movies a noleggio

  • The World's End – Presente su Prime Video (incluso con abbonamento) e Apple TV (noleggio/acquisto)

  • Frances Ha – Disponibile su MUBI, Apple TV e Prime Video (noleggio/acquisto)


Nota: la disponibilità può variare nel tempo e in base al paese. Consigliamo di verificare sulle piattaforme ufficiali.


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